Il pesce rientra a pieno titolo tra gli alimenti più consumati in Italia e nel mondo, a prescindere dalla stagionalità. Grazie ai benefici che comporta all’organismo, è previsto in qualsiasi dieta alimentare e il fatto che sia disponibile tutto l’anno lo rende ancora più appetibile.
Peccato, però, che al pari di qualsiasi altro prodotto alimentare di origine naturale richieda delle tempistiche ben precise; e non ci si riferisce solo, per esempio, alle cozze o ai ricci di mare, ma a tutte le specie marine che hanno propri periodi di riproduzione e rotte migratorie che andrebbero rispettati.
L’impatto delle scelte alimentari umane sull’ecosistema marino è enorme: si richiedono polpi e seppie in estate quando, in realtà, si trovano nel loro picco in inverno e viceversa, mentre in primavera bisognerebbe puntare su spigole e saraghi.
Ed è qui che entra in gioco un termine poco conosciuto ai non addetti ai lavori, ma che dovrebbe essere ben noto anche e soprattutto ai consumatori: il fermo pesca biologico.
Per spiegarlo in modo molto semplice, il fermo pesca biologico consiste in un periodo di tempo durante il quale è vietato pescare in determinate aree. Il provvedimento è in vigore ormai da 30 anni ed è stato fortemente voluto dall’Unione Europea per preservare e tutelare al meglio il patrimonio ittico dei mari a favore della riproduzione naturale delle specie maggiormente pescate.
Se si blocca la pesca per diversi giorni consecutivi, infatti, si permette ai pesci di concludere il loro ciclo riproduttivo senza incorrere in pericoli e si salvaguardano, in generale, le specie che vivono nei mari più battuti dai pescherecci.
Il fermo pesca biologico, quindi, è uno strumento molto importante sia per tutelare gli ecosistemi marini, sia per rendere sostenibile l’intero settore ittico. Gestendo e ottimizzando le risorse provenienti dal mare è, infatti, possibile per i pescatori mantenere la loro attività produttiva senza, tuttavia, esaurire la disponibilità naturale.
Ovviamente, bisogna sempre tenere conto del fatto che il mare è un ambiente molto complesso, popolato da un numero elevatissimo di specie ittiche, ciascuna con il suo ciclo biologico; ecco perché, ogni anno, il fermo pesca viene rivisto e personalizzato, cercando di trovare un equilibrio tra domanda e offerta, pescatori e consumatori.
In Italia, il fermo pesca biologico è previsto in estate, nel periodo compreso tra luglio e settembre/ottobre, per il Mar Adriatico e nei mesi di ottobre/novembre per il Mar Tirreno, ma non solo: ci sono ulteriori fermi durante l’anno, che vengono stabiliti con largo anticipo.
Ogni anno, infatti, tra febbraio e marzo, la Direzione Generale della Pesca convoca il Tavolo di Consultazione Nazionale della Pesca e dell’Acquacoltura proprio per stabilire i diversi fermi di pesca, rivolti esclusivamente a tutte quelle imbarcazioni che esercitano la loro attività tramite l’uso di attrezzi trainanti e/o intensivi.
I periodi di fermo, di conseguenza, cambiano di anno in anno. Nel 2024, per esempio, sono stati gli stessi pescatori a stabilirli, cercando di trovare il giusto compromesso tra salvaguardia dei mari e prosecuzione dell’attività.
Seguendo questa linea, nel 2021 è stato approvato il Regolamento che istituisce il FEAMPA (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l'Acquacoltura), valido fino al 2027, che prevede l’uso di fondi economici per tutti quei pescatori che non possono mantenere la propria attività per rispettare il fermo di pesca. Ma non solo, perché si focalizza su 4 punti molto importanti:
Il fermo pesca biologico, come finora illustrato, comporta un gran numero di vantaggi per la biodiversità marina: sospendendo le attività di pesca in determinati periodi dell’anno si permette alle specie acquatiche di riprodursi e di non cadere vittime della pesca intensiva.
D’altra parte, però, il fermo pesca biologico presenta anche dei limiti, legati soprattutto al fatto che spesso non tiene conto dei periodi di riproduzione dei pesci; ecco perché, in alcuni casi, si rivela fallimentare e molte associazioni di pescatori cercano, da diversi anni, di modificare i parametri in vigore per renderlo più efficace.
Infine, anche i consumatori ricoprono un ruolo fondamentale nel promuovere una pesca sostenibile. È importante imparare a distinguere tra necessità e desiderio: da un lato, ci sono le popolazioni costiere che vivono di pesca e ne fanno parte integrante della loro identità culturale e sussistenza; dall’altro, vi è il consumo legato esclusivamente al piacere personale, spesso scollegato da una reale esigenza alimentare. È proprio questa seconda dinamica che, se non gestita con consapevolezza, può ostacolare il corretto funzionamento delle politiche di tutela degli ecosistemi marini.
In questo contesto, anche noi di Lodi Srl ci impegniamo quotidianamente per garantire la massima varietà di prodotti ittici. Collaborando con fornitori in tutto il mondo, riusciamo ad approvvigionarci da diversi mari, dove i periodi di fermo pesca non coincidono. Tuttavia, proprio perché rispettiamo queste pause biologiche, può capitare che alcuni prodotti non siano disponibili: significa semplicemente che in quel momento non vengono pescati, a tutela delle specie e degli equilibri marini. Una scelta responsabile che ci permette di offrire pesce di qualità, nel rispetto del mare e delle future generazioni.